NOME DI DONNA.
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Il film di Marco Tullio Giordana sarà disponibile dal 27 giugno in DVD, BLU RAY e digital download
Nina (Cristiana Capotondi) si trasferisce da Milano in un piccolo paese della Lombardia, dove trova lavoro in una residenza per anziani facoltosi. Un mondo elegante, quasi fiabesco. Che cela però un segreto scomodo e torbido. Quando Nina lo scoprirà, sarà costretta a misurarsi con le sue colleghe, italiane e straniere, per affrontare il dirigente della struttura, Marco Maria Torri (Valerio Binasco) in un’appassionata battaglia per far valere i suoi diritti e la sua dignità.
Marco Tullio Giordana
In questo momento il tema delle molestie è all’ordine del giorno. Dovrebbe esserlo sempre, perché questo malvezzo è duro a morire, ma quando Cristiana Mainardi cominciò a scrivere, e per tutto il periodo delle riprese del film, ho pensato che non sarebbe stato facile ottenere attenzione. Un po’ perché si scatenano subito automatismi e fazioni, un po’ perché si rischia l’ipocrisia del “politicamente corretto”. Non che il “politicamente scorretto” sia meno stucchevole: s’è visto anche in tempi recenti l’untuosità di quanti sono andati subito a sbucciare le vittime dei soprusi anziché difenderle o esprimere solidarietà. Il predatore gode – evidentemente non solo in Italia – di una sorta d’impunità “culturale”: le sue avancessembrano goliardia o goffaggine, non passa per la testa che siano invece aggressioni. “Ai miei tempi si chiamavano complimenti!” commenta sorniona Adriana Asti. Comportamenti tanto più detestabili quando consumati sui luoghi di lavoro, approfittando della gerarchia per mettersi in franchigia. Mi ha sempre impressionato la solitudine che colpisce chi osa ribellarsi, la mancanza di solidarietà (anche di donne verso altre donne), il fastidio che provoca negli altri dover prendere posizione. Quando si accusano le parti lese di non essersi rivoltate, di non aver denunciato per tempo, addirittura di aver “provocato” la situazione, ci si rende conto che il senso comune, la morale corrente, sostiene il seduttore, fa il tifo per lui. E sì che il Legislatore italiano è stato tra i primi a riconoscere la violenza come reato contro la persona e non contro la morale, com’è stato per secoli. C’è una bella differenza fra violenza e molestia, e non bisogna dimenticarlo. Ma sempre di ingiuria contro la persona si tratta, non semplice disinvoltura o prepotenza. E’ infatti qualcosa che non riguarda la “guerra” fra i sessi, o non soltanto. E’ qualcosa invece che tocca la disuguaglianza, il potere che qualcuno esercita su qualcun altro. In questo senso ha molto più a che fare con la lotta di classe (e pazienza se la parola sembra antiquata!) che con la prevaricazione sessuale. Già immagino le obiezioni: e allora? Non si può più fare la corte? Ci vuole la liberatoria prima di azzardare una carezza? Inutile nascondersi dietro un dito: ognuno, uomo o donna che sia, sabenissimo cosa sta succedendo, sa qual è il limite, la linea d’ombra. Chi la oltrepassa sa benissimo di violare un confine.
Ho girato a Milano i miei primi film, poi sono sempre stato in giro, in Italia, Gran Bretagna, Angola, Norvegia, Grecia, Afghanistan, sempre trovandomi a casa dappertutto, mai soffrendo di nostalgia. Ma tornare sui luoghi dell’infanzia – la bassa lombarda, le anse del Ticino, i canali di Genivolta presso Cremona, villa Mazzuchelli a Brescia e finalmente nella Milano così diversa da quella che ho lasciato quarant’anni fa – è stato come riandare indietro, ritrovare una sorta di felicità prenatale. Mi sono reso conto di quanto sia fotogenica la mia terra, quanto suggestiva la sua luce e smagliante il suo cielo, così abilmente fotografati da Vincenzo Carpineta.
Molto importante per me è stato il contributo degli attori, le loro invenzioni, il modo in cui ognuno ha cercato di esprimere sensazioni proprie: da Michela Cescon a Bebo Storti, da Stefano Scandaletti a Laura Marinoni, da Renato Sarti ad Anita Kravos, da Patrizia Punzo a Gabriella Riva, da Patrizia Piccinini all’esordiente Stefania Monaco, fino alle amichevoli fulminanti apparizioni di Vanessa Scalera e Linda Caridi. Cristiana Capotondi s’è tuffata nel personaggio di Nina volendo esprimere, anziché fragilità, la determinazione di chi rifiuta di farsi schiacciare e Valerio Binasco non ha avuto paura di calarsi nei panni dello sgradevole disturbato molestatore. Credo che il suo fosse il ruolo più difficile.
Il film è come fosse costantemente in bilico fra due piani: quello dei fatti che succedono – e che la macchina da presa registra distante, con inquadrature fisse o appena mosse, in una sorta di sguardo “oggettivo” – e quello dell’emotività dei personaggi, Nina prima di tutti ma anche gli altri, sottolineato da movimenti di macchina talvolta impercettibili, talvolta marcati, come se il punto di vista slittasse di continuo, cercando un equilibrio o la sua illusione.
Infatti ognuno dei personaggi nel film è in costante evoluzione, ognuno deve prendere atto di una crisi, di una totale instabile precarietà. Questo riguarda non solo le colleghe di Nina, pronte a isolarla nel timore di veder franare tutto l’ecosistema cui si sono drammaticamente adeguate, ma anche i personaggi maschili, anche gli antagonisti, dapprima sfrontati poi sempre più fragili, sempre meno convinti e invulnerabili. Questo ha richiesto da parte di tutti gli interpreti un continuo lavoro sulla propria ambiguità, sull’usare le parole del testo non per comunicare ma, al contrario, per nascondersi.
Anche Nina subisce continui andirivieni fra momenti in cui è convinta e momenti in cui dubita di sé, ha paura di non farcela. Non è un’eroina né una fanatica, né tantomeno l’attivista di una buona causa, ma solo una persona che vede minacciate le sue sicurezze e soprattutto la sua integrità.
Da ultimo vorrei dire quanto sia stato aiutato a trovare il mio film non solo dai miei due montatori Francesca Calvelli e Claudio Misantoni, ma anche dal musicista Dario Marianelli con la sua partitura piena di forza e delicatezza, sempre interna agli stati d’animo dei personaggi. Per non parlare dei costumi dell’accurata Francesca Sartori, delle scene del pirotecnico Giancarlo Basili e del sostegno di Lionello Cerri, il mio generoso e comprensivo produttore.